«Io non appartengo più»
Roberto Vecchioni

Io non appartengo più alle cose del mio tempo,
non mi riconosco più, lì nascosto dietro un canto.
Non mi basta nemmeno il cuore per giustificare, capire, sentire, immaginare.
Non mi basta la forza degli per voltarmi e non guardare.
Io non appartengo più quando un uomo è clandestino,
in una nave senza rotta già segnata dal destino.
Io non appartengo più ai borghesi, agli inciuciai, alle banche, ai cazzinculo e mi scuso,
ma c'ho pure il dubbio che sia perfino Dio un refuso.
Sono sveglio dentro un sogno di totale indifferenza,
che persino tra le gambe mi si è persa la pazienza.
Io non appartengo al tempo del delirio digitale,
del pensiero orizzontale,
di democrazia totale.
Appartengo a un altro tempo scritto sopra le mie dita,
con i segni di chitarra che mi rigano la vita.
Io l'ho vista la bellezza e ce l'ho stampata in cuore,
imbranata giovinezza a ogni antico nuovo amore.
Io non appartengo più, mi fa ridere lo ammetto,
ma vi giuro non lo faccio per malinconia o dispetto.
Non lo dico per stanchezza,
al calar del sipario su spettatori immaginari sono gli uomini la stizza,
sono i loro stupidari.
Così corrono ad Oriente e non c'è stella cometa e moltiplicano il niente per chiamarlo ancora vita,
come chi ha dimenticato,
come chi non ha provato,
come chi si è sorpassato,
non si è visto e ha continuato.
Io non appartengo a un tempo che non mi ha insegnato niente tranne che puoi esser uomo ma non diventare gente.
Io volevo ed erano voli di uno sparso, antico sogno,
per non rimanere soli, accecati nell'abbaglio.
Io non appartengo più,
e lascio uno spiraglio alla mia porta,
solo quando vieni fanno con l'amore di una volta.

 


 

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