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«Allarga
lo spazio della tua tenda,
stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga
le cordicelle, rinforza i tuoi paletti»
Is 54,2 |
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L’idea
di fondo è quella di volere riportare
vive nella sua autenticità e verità le pietre
del monastero, partendo dal significato originario, per
riattualizzarlo nei nostri giorni, come domanda di vita
e di fede di tutti gli uomini e donne di buona volontà.
I monasteri cristiani iniziarono a nascere dopo l'epoca
delle persecuzioni, e durante una crisi di fede che respirava
la chiesa e il mondo. Questo primo aspetto ci sembra riviverlo
nei nostri giorni; e l’ idea di ripercorrere strade
“antiche” con passi nuovi può
essere una risposta concreta per comprendere e per vivere
la crisi dello spirito che respiriamo nel passaggio dei
nostri anni.
Il monastero è stato per molti secoli una piccola
città. La diffusione dei monasteri in tutta Europa
è considerata da molti un fattore decisivo della
evangelizzazione del continente, soprattutto in alcune
aree (si veda l'Irlanda). Nel monastero si vive una vita
di preghiera, di pensiero e di lavoro,
spesso manuale, ma con varianti di grande importanza a
seconda del periodo storico, dell'ordine di riferimento,
della regione nella quale si trovano.
Questi semplici ed essenziali gesti vorremmo riportare
alla vita: la preghiera, il pensiero, il lavoro in questo
piccolo spazio dove l’uomo e Dio possano riposare
assieme. Ci piace pensare ancora oggi il monastero come
ad un luogo di sosta per chiunque vi giunge. Una sosta
per ritrovare, vivendola concretamente nei giorni di permanenza,
la capacità di conoscersi e riscoprire quelle chiavi
che nella vita portano ad essere un po' più coerenti
con noi stessi. Una sosta per trovare o ritrovare un contatto
personale con Dio, nel silenzio, nell'ascolto,
nella condivisione e nel lavoro. Una sosta per
riprendere e proseguire il personalissimo cammino della
propria crescita. La parola che amiamo particolarmente
per il nostro percorso in fraternità è Kenosi
che significa spogliarsi, ritornare fedeli all’“umiltà”
della terra, abbassarsi fino alle radici della propria
vita umana dove abita Dio, nella sua straordinaria semplicità
ed essenzialità. (cfr. lettera ai Filippesi
cap.2) Ci piace ripercorrere nel monastero questo
sentiero per ciascun uomo e donna che vi giunge, spogliarsi
dell’uomo vecchio per rivestirsi dell’uomo
nuovo, abbandonare le pesantezze per accogliere la leggerezza
della vita, trasformare le proprie ferite in feritoie
dove passa la luce nuova per riprendere il proprio “lettuccio”
e camminare (cfr.Mr2). Passi che conducono
l’uomo e la donna a riscoprire l’umiltà
dei gesti concreti e semplici, quella sapienza del contadino
che nel proprio lavoro quotidiano trova risposta alle
domande di senso e di fede. Che diventi cosi per tutti
un porto di terra dove approdare per poi ripartire più
fiduciosi nella propria quotidianità. Una Fraternità,
dove chiunque vi arrivi può sentirsi a casa e sentirsi
parte di una fraternità condivisa, è il
luogo stesso che fa fraternità, le sue proposte,
le sue bellezze, i suo silenzio.
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